
La pagina di Indiewire. Titolo: “I premi di Venezia di quest’anno sono storici. Ma perché sono anche una delusione?” (Storici perché per la prima volta si è premiato un documentario)
Ecco finalmente qualcuno che, a proposito del Leone d’oro a Sacro GRA di Gianfranco Rosi, esprime perplessità e forti riserve e una buona dose di disappointment. Dico finalmente, perché adesso mi sento un po’ meno alieno e solitario nella mia incazzatura per il premio di ieri sera. Neil Young (un omonimo, immagino) sull’assai seguito e autorevole IndieWire si dichiara molto, molto deluso che il massimo riconoscimento veneziano sia andato non a Stray Dogs di Tsai Ming Liang, a suo dire – e non solo suo – un capolavoro epocale, ma al documentario di Rosi, film magari rispettabile, però di sicuro inferiore, anzi neanche paragonabile. Il testo originale lo trovate qui. Young ricorda l’infortunio in cui incappò la giuria l’anno scorso che, per incompetenza o forse per ignoranza dell’assurdo regolamento festivaliero, non premiò il film che voleva premiare, The Master di Paul Thomas Anderson, ma Pieta di Kim Ki-duk. Il tempo, commenta non senza malizia e ironia Young, ha fatto giustizia di quel verdetto e rimesso le cose al loro posto, visto che lo status e la reputazione di The Master sono via via cresciuti, mentre Pieta è rapidamente finito nell’ombra. Inghiottito dal nulla. Come a far intendere che succederà lo stesso per Sacro GRA, destinato a essere oscurato dalla fama crescente del masterpiece Stray Dogs. Che dire? Dico che sono d’accordo e che solo nel provincialissimo cinema italiano e in certo suo indotto (critici fedeli alla linea, gente varia di Cinecittà ecc.) si è potuto, o voluto, scambiare il doc di Rosi per un’opera massima. Un clamoroso autogol che il Venezia Festival rischia di pagare molto caro in autorevolezza e immagine.