Credo sia la prima volta che nei palmarès di un festival ritroviamo due autori dallo stesso cognome, e, se sbaglio, voi cinefili estremi che tutto sapete mi corriggerete. Il cognome è Rosi, naturalmente. Il primo Rosi (Francesco) il suo Leone d’oro l’ha vinto nel 1963 con Le mani sulla città, ripresentato in prima mondiale in versione restaurata proprio a questo Venezia Film Festival 2013. Film che è diventato un classico, e dunque Leone preveggente e ben dato. Eppure Rosi (Francesco) fu fischiatissimo dalla platea quando salì a ritirare il premio. Non gli perdonavano di aver lavato certi nostri panni sporchi in pubblico – speculazione edilizia selvaggia, malsani intrecci tra politica e affarismo – e furono buuh. Ma lui, imperturbabile (come mostrano i cinegiornali Luce dell’epoca), ritirò signorilmente il suo premio senza reagire. Passiamo a un altro festival, a un altro Rosi. In questo appena concluso Venezia Festival 2013 è stato Gianfranco Rosi a conquistarsi il Leone d’oro con il suo Sacro GRA, primo documentario a vincere nella storia della mostra. Riconoscimento secondo me ampiamente immeritato, come ho già scritto più di una volta su questo blog, e non voglio ulteriormente insistere sulla faccenda. Dico solo che Francesco batte Gianfranco, nonostante i 50 anni giusti passati, di molti punti.
1963, Leone d’oro a Francesco Rosi per Le mani sulla città
2013, cinquant’anni dopo, Leone d’oro a Gianfranco Rosi per Sacro GRA